Dimitri Niccolai, in arte Tenedle, è autore, cantante, produttore e performer. Nato a Firenze, lavora da tempo in Olanda.
La sua musica, elegantissima, viene definita “Canzone d’autore contemporanea”; fortemente visuale ed evocativa, dà vita a chi la ascolta, a immagini in movimento, perfettamente ambientate. Una musica ricercata, eppure antica e spontanea.
I brani sembrano danzare fluendo direttamente dalla “stella doppia” di Hermann Hesse, laddove il sonoro, il visivo, la parola, l’interpretazione, e il loro movimento sinergico, danno vita ad un’unica, circolare drammaturgia di linguaggi d’arte.
E, come nella “Stella doppia” di Hesse, finalmente il Maschile incontra in sé il Femminile, e lo svela con orgoglio. Dopo un bel concerto a Livorno, in compagnia della band PASE di cui Tenedle è spesso produttore, ho il piacere di incontrare Dimitri, e di iniziare una lunga e mai conclusa conversazione.
Di seguito alcune domande che aspettavo di porgli direttamente:
Dimitri, come hai iniziato?
Sono nato in una famiglia dove nonostante nessuno vantasse studi in campo musicale, tutti cantavano o fischiettavano o mugolavano. La musica era sempre presente nelle sere d’estate per esempio, ci radunavamo in campagna, mio padre organizzava una sessione ritmica con la grattugia, qualche pentola e due mestoli, mio fratello maggiore era l’unico che suonava la chitarra, gli zii e le zie, i nonni e i viandanti cantavano, i timidi battevano le mani. Ogni quindici secondi si cambiava canzone ma per me era un sogno. Sognavo. desideravo che quelle serate non finissero mai. Imparai a strimpellare la chitarra ed iniziai imitando i Beatles. Scrivere canzoni fu subito prioritario rispetto ad imparare a suonare. Ricordo che con il giro di sol ne scrissi subito una decina. Questo direi si possa chiamare il mio vero inizio.
Ascoltando i tuoi brani si ha un senso di profonda dolcezza, di visionarietà scaturita da elementi del quotidiano. Come nasce la tua musica?
Ci sono due binari su cui questo treno procede, per fortuna: uno è quello puramente emotivo, per cui parole, accordi, melodie ed armonie si intrecciano, poi c’è la parte sonora, sperimentale, l’arrangiamento, che delinea il luogo dove il tutto si svolge. Un tempo scrivevo canzoni di getto, poi pensavo al resto, oggi non riesco a scrivere se non ho in mente prima il suono, l’ambiente, come in un film la scenografia per le scene: per me una canzone ha bisogno prima di tutto di essere una scenografia, un’ambientazione. E’ diventato un lavoro di maggiore riflessione rispetto agli impulsi più’ istintivi dei primi anni.
L’estetica è oggi parte fondamentale per trarre ispirazione per i testi per esempio.
Un artista che produce il suo lavoro con la pazienza e dedizione del miglior artigiano di scuola fiorentina, come se non dovessero esserci intermediari tra la sua arte e chi ne fruisce. Una scelta coraggiosa, senza compromessi. Raccontaci come realizzi un lavoro indipendente, come lo finanzi, che rapporto permetti di avere al mercato rispetto alle tue scelte artistiche.
Coltivo da sempre passioni in ogni campo artistico, discipline come scrittura, pittura, disegno poi fotografia, cinema e come da bambino ho mantenuto da sempre curiosità’ come motore e il desiderio di creare giocando. Ho capito che il fare “da solo” è necessita’, non tanto una scelta. Certo ci sono lati meno positivi ma come hai detto tu, questo artigianato “profondo” mi permette di avvicendarmi altrettanto profondamente alle cose ed al modo in cui voglio, devo comunicarle.
La solitudine ripeto, questo tipo di solitudine è spesso fondamentale. Oggi riesco a portare avanti davvero senza compromessi molte delle idee che ho. La mancanza di mezzi sono stati una difficoltà in passato, ma lavorare con poco mi ha anche aiutato a raffinare l’inventiva ed oggi la parte “creativa” e’ rimasta comunque prevalente, a sostenere le idee. Sono indipendente da anni e lo sono “davvero”. Produco e propongo direttamente al mio pubblico le mie cose e ormai lo ritengo un “successo” in perfetto equilibrio che mi permette libertà’ artistica e un rapporto bellissimo, diretto con chi mi segue.
Perché scegliere di cantare una grande poetessa americana, rappresentativa del mondo femminile, come mondo potentemente universale? A che punto sono le donne in Italia, da dove tu vieni, e in Olanda, dove tu abiti?
La Dickinson, “Emily”, è con me da quando ero adolescente. Scrissi le prime canzoni con i suoi testi molto tempo fa, mentre continuo a rileggere le sue poesie ancora oggi.
Tre anni fa decisi di realizzare un album “per me” ed ho scritto con gioia nuovo materiale. “Odd to love” e’ uscito a settembre 2015.
Escludendo da questa chiacchierata la parte “tecnica” e puramente musicale sul perché Emily Dickinson sia secondo me una scrittrice perfetta per la musica, parlo del fascino che la persona e la figura ha esercitato su di me. Una donna che può’ ancora darci tanto, rivoluzionaria e docile, oltre la vita già durante la propria vita, fortissima e fragile, vera, la sua poesia, il suo pensiero, i suoi dialoghi a tu per tu con (alla ricerca di) dio, riescono ad illuminare le strade buie di una modernità ancora cosi “per niente moderna”, anzi appena post-medievale. Cerco di arrivare al punto della domanda partendo da lei. Cosa che richiederà’ qualche riga di questa intervista mi sa.
Prima di tutto una premessa personale che non deve essere per forza condivisa per essere capita. Io sono nato maschio e non sono fisicamente attratto da altri uomini, eppure per tutto il resto, sono anche donna, o forse semplicemente cerco di imitare un sentire che forse non conosco, percepisco soltanto, desidero, ma sono in stretto contatto con la mia parte femminile.
La curiosità per sensazioni tipo la maternità poi, mi fanno provare un’ammirazione ed una meraviglia indescrivibile, forse anche un po’ di invidia (se ce n’è una buona). Una delle poche esperienze che mi mancherà sempre, il parto. Comunque essere donna, madre, padre appunto, non ha solo a che vedere con il parto anche se credo che “dare” vita fisicamente aiuti a valorizzare molto di più l’esistenza altrui.
Fondamentalmente poi mi vergogno degli uomini e dei disastri che hanno combinato nella storia.
E’ vero che la stupidità e la cattiveria sono altrettanto presenti nella donna come nell’uomo, ma l’uomo, con le occasioni ed il potere che ha avuto, ha dimostrato di essere solo distruttivo, ripeto, non conoscendo a fondo cosa significa “dare vita” la toglie con molta meno difficoltà. Violenza e guerra dovrebbero essere parole “maschili” anche in italiano.
E’ ovvio che sia impensabile che gli uomini a cui Emily Dickinson andrebbe fatta leggere, ed anche qualche donna direi, siano interessati o sensibili a questa chiacchierata, essendo principalmente la causa della condizione retrograda in cui siamo. La primaria “suddivisione” tra esseri umani è quella “sessuale”. Siamo donne, uomini, omosessuali. Poi vengono le “razze” le “religioni” le “nazionalità” i “gruppi politici” e le “tifoserie” varie. Tutte cose che con la modernità non hanno a che vedere, perché non abbiamo ancora imparato a mettere davanti ad ogni “suddivisione” l’apprendimento di una disciplina fondamentale, il rispetto. Sui diritti e le differenze con l’Olanda cerco di essere breve e mi scuso se ho abusato dello spazio fino ad ora. Conosco, frequento questo paese che ora mi ospita da quasi venticinque anni e già allora la cultura era molto avanti rispetto alla nostra. Dico solo che in Italia si continua a chiacchierare e la violenza aumenta, la condizione della donna, il rispetto sul lavoro peggiorano. I Paesi Bassi non sono un paese perfetto ed oggi nessuna conquista è fuori pericolo in società che mettono il profitto davanti agli esseri umani. Mentre in Olanda certi valori sono ancora presenti, discussi, protetti, i violenti sono un’eccezione, e il maschilismo non qualcosa di cui vantarsi, in Italia siamo tornati addirittura indietro, senza progredire, nello stesso quarto di secolo.
I tuoi rapporti con l’Italia e la Toscana.
Il mio paese, la mia città Firenze e le mie radici, i miei ricordi, che dire? Un meraviglioso territorio con una storia ed un potenziale immense, abitato pero’ da una massa umana grigia, che ama farsi condurre credendo di decidere. Strano tipo di individualismo. Poche purtroppo le eccezioni.
Gli italiani che hanno a cuore l’ambiente, il rispetto e la dignità come valori fondamentali, la pace e l’onesta’ sono una piccola minoranza, ormai senza nessuna voce e potere. La frustrazione di non poter fare quasi niente contro poteri che gestiscono il nostro paese mi provoca amarezza. Ammiro comunque doppiamente coloro che lottano. Li osservo da lontano e spero sempre di fare la mia parte, anche per l’Italia ancora, un giorno. Ho sempre sentimenti contraddittori quando torno, ma l’Italia (Toscana inclusa) non e’ un paese “normale” appunto.
Il prossimo disco.
Il mio settimo album in studio esce il 2 marzo e si intitola “Traumsender”. Concettualmente, visualmente si ispira all’Espressionismo, cinematografico e pittorico, ma ovvio che non potevo, specialmente nei testi, non occuparmi del mondo contemporaneo e di tante cose che non mi piacciono. Forse è il mio disco più esplicitamente politico, del resto lo è ogni mio atto da qualche anno. Ci sono in Traumsender (speditore di sogni) una serie di provocazioni anche musicali, e sono curioso delle reazioni che provocheranno. Sono impaziente, credo sia un disco molto molto ispirato e pieno di contenuti.
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