Giorni Egiziani Marzo 2023
La parte più grossa di lavoro al Cairo è finita, così “prendiamo il largo” in terra egiziana e voliamo a Luxor.
Siamo stanchi, ma la storia chiama, così visitiamo due volte il tempio di Karnak, con le sue maestose colonne recentemente restaurate: alcune sono di nuovo colorate, come pare lo fossero all’inizio di tutto, prima che la sabbia le ricoprisse.
Torniamo in hotel al tramonto, che gustiamo a riva in mezzo alle Feluke, le tipiche barche che navigano sul fiume.
La sera incontriamo Marusca Ferrucci, naturopata ed egittologa livornese che dal 2020 vive a Luxor: è un bellissimo incontro, in cui condividiamo l’incanto ed alcuni segreti di quella terra. Insieme visitiamo il mercato locale, ove lei ci presenta ai commercianti che conosce ed io mi scateno ad acquistare bellissime stoffe e vestiti tradizionali
Il Tempio di Luxor è in pieno paese, gli abitanti locali ci camminano accanto nella loro quotidianità, e non lo guardano nemmeno, come succede a chi vive in luoghi straordinari ; sono in abiti tradizionali, come credo succeda da millenni, ci sono 25 gradi, ma loro hanno freddo, girano con il piumino sopra la “Galabeya”, ma in ciabatte senza calzini (diversi egiziani li detestano).
Cala l’oscurità, così parte della visita la facciamo ammirando il tempio con le luci; è così fuori dalla realtà che sembra di essere sospesi.
I nostri ragazzi non sono potuti venire per motivi scolastici, così condividiamo parte del percorso con loro in videochiamata; vorremmo fossero con noi, per far capire loro quanto è bello il mondo reale, quanta vita c’è fuori dal mondo virtuale in cui sono immersi.
Il giorno dopo con la barca attraversiamo il Nilo: sull’altra sponda "quella occidentale" c’è la grande Valle dei Re, le loro tombe sotterranee, il Tempio della volitiva Hatshepsut, che per rivendicare il suo potere dovette prenderlo al figlio, Re bambino, e fingersi un uomo. A differenza dei predecessori gli anni del suo regno furono senza guerre e volti a migliorare le condizioni del paese e del suo popolo.
Lungo il tragitto ci fermiamo ad una fabbrica di alabastro e oli essenziali purissimi, i migliori al mondo, utilizzati per i profumi più importanti.
Durante la notte entriamo nella Chiusa di Esna: seguiamo dalla nostra nave tutte le manovre fatte “a vista”; si tratta di un’operazione delicata, utile ad accompagnare le imbarcazioni nei diversi livelli di altezza del fiume. E’ abbastanza impressionante, anche perché sembra svolgersi in modo artigianale
con tante persone che cooperano urlandosi i comandi. Impossibile dormire!
La mattina dopo siamo ad Edfu; all’uscita della nave sono tanti gli ambulanti del posto che cercano di vendere ai turisti formando una calca umana un pò eccessiva.
Appena arrivati alcuni di loro si avvicinano con piccole barche e ci tirano merci sulla nostra per farci acquistare i loro oggetti!
Prendiamo la carrozza ed andiamo al Tempio di Horus: i miei occhi cominciano a non avere più spazio per altra bellezza. Credo che questa vada assorbita con calma ma a volte, come succede nella vita, devi stare dentro un ritmo obbligato. E così mi riempio di altre meraviglie.
Kom Ombo è una di queste, in più vediamo il Museo dei coccodrilli, antichi abitanti del luogo.
Intanto sulla nave giochiamo con gli abiti egiziani e, ovviamente, balliamo!
Arriviamo ad Aswan ed alla sua diga gigantesca; la sera andiamo al mercato locale: adoro i Suq (mercati arabi), pieni di colori, odori d’incenso ed eternità!
Il pesce di fiume sottosale ha un odore fortissimo e nauseabondo, ma loro mi consigliano di assaggiarlo, dicono che è buonissimo e saporito!
Aswan è il luogo migliore per le spezie, così ne prendiamo di tutti i tipi, insieme al Karkadé, Carruba e Tamarindo con cui si fanno infusi buoni e salutari.
L’isola di Philae è un pezzo di terra dove si erge un Tempio bellissimo dedicato a Iside, salvato dall’acqua; è davvero difficile capire come 5000 anni fa potessero costruire strutture così alte, spesso monoblocco ed addirittura spostarle per valorizzarne al massimo il significato spirituale ed energetico.
Un tempo, prima delle scoperte archeologiche, gli abitanti del luogo abitavano dentro i templi, così per valorizzare quel patrimonio inestimabile hanno dovuto spostare le persone e ricollocarle in zone
limitrofe.
La piccola barca a motore che ci ha portato a Nubia mi ha permesso di notare quanto l’acqua del Nilo sembri pulita: niente olii, né spazzatura, né cattivo odore.
I ragazzini del posto per giocare si spostano tra le barche cavalcando una canoa: non hanno bisogno della pagaia, usano le braccia e ci salutano felici! I nubiani sono molto belli: la loro pelle è decisamente scura, i loro lineamenti sono fini e raffinati, i corpi lunghi ed eleganti.
Nel villaggio nubiano le case hanno architetture tipiche che sembrano sorridere lungo la riva; appena scesi alcuni bambini giocano in una specie di piazza di terra e sabbia con i dromedari con cui la sera, in fila, raggiungeranno le loro case di terra nei villaggi vicini.
Visitiamo la Scuola in cui ci viene presentata una lezione di lingua nubiana (la più vicina alla vera lingua egiziana, molto simile al copto) e in lingua araba, molto più recente e non parlata tra loro. Pare che gli antichi, veri egizi fossero queste popolazioni, così educate, garbate, in cui i bambini sembrano liberi e felici, con i loro sorrisi chiari e aperti che illuminano i loro colori.
Parliamo con il Maestro, che ci invita a stare un periodo nel villaggio ed a lavorare con i bambini; ci dice che i ragazzi oggi stanno sempre al telefonino (non l’avrei mai immaginato in quel paradiso fluviale!) e che non si interessano più a niente, e aggiunge: “Ci hanno messo la guerra nelle mani, nelle mani dei nostri figli!”.
Le case nubiane sono bianche e celesti, spaziose all’interno con grandi tappeti. Sono “co-living”, ci abitano più persone e famiglie con camere private e spazi collettivi. Sul divano anziché gatti o cani ci tengono piccoli coccodrilli (solo quelli piccoli riescono a passare la diga), che poi crescono in una parte della casa dedicata a loro, e invecchiano con la famiglia che poi pensa ad imbalsamarli.
La sera è calata e torniamo con la barca alla nostra nave, ripercorrendo il fiume e il silenzio.
La sera danziamo con artisti nubiani, con i loro costumi colorati e la loro danza più spiccatamente afro rispetto all’area a nord intorno al Cairo.
La mattina dopo ci alziamo prestissimo per andare al Tempio di Abu Simbel; è un viaggio lungo, spesso su strade sterrate.
Il paesaggio cambia da verde a marroncino, a giallo; la terra è pianeggiante e arida, un lungo tratto di deserto al confine con il Sudan.
Ho dimenticato il cappello, così l’autista mi sistema il foulard a modo loro; non amo coprirmi, ma in questa circostanza ne ho bisogno!
E’ mattina presto, ma il sole è già alto e forte. L’africa chiama con voce sempre più chiara.
E io la sento, al di là dell’orizzonte.
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