Sono arrivata al Cairo il giorno prima del mio compleanno e ho festeggiato ballando la Belly Dance in un locale dove hanno mandato strane covers di musica leggera italiana; tutti canticchiavano in italiano per coinvolgermi e farmi divertire, c’è una lunga vecchia amicizia tra italiani ed egiziani e molti di loro ricordano diverse parole della nostra lingua. Ghamil e Ashraf avevano organizzato tutto con rara puntualità e generosità, è stato bello e ho ballato a lungo con un gruppo di donne egiziane molto ospitali.
Il primo giorno di workshop si è concluso con una torta da sogno e tanti canti in lingua diversa per farmi gli auguri!
I giorni di lavoro con la danza sono stati belli e duri, un gruppo nuovo da formare e un caldo torrido (più di 40°/45°!) senza condizionatore in sala. Una volta accettato di sudare anche solo alzando un braccio, figuriamoci danzare, è tutto più facile, il corpo si mette in moto con ogni strategia per adattarsi e il mio allenamento quotidiano mi supporta nei supercarichi.
Dai giorni di lavoro mi sono ritrovata a visitare ancora le mitiche piramidi di Giza; mi sono trovata in un luogo fuori dal tempo, cercando i segni di una storia millenaria che si incarnavano nel respiro, nella luce, nei movimenti sospesi del mio corpo. Tutto era luce, sole, sabbia, incredulità, gratitudine.
Ho trovato un nuovo amico affettuoso con una gobba, che mi ha fatto provare l’altezza in cui vive lui e che mi ha generosamente portato a spasso in un sogno che ho forse atteso da sempre.
Abbiamo conosciuto una donna che faceva il pane che stavamo mangiando e ci siamo mescolati con lei di sabbia, sole, farina e sorrisi.
In quei giorni abbiamo visitato la più antica azienda di gonne per la danza tannoura, ritrovandoci in una lontana periferia della megalopoli dove non c’erano strade ma solo un piccolo villaggio in mezzo alla terra; appena arrivati eravamo smarriti e alcune persone in abiti tradizionali ci hanno accompagnato in questo piccolo laboratorio famoso in tutto il mondo, un’azienda familiare antica, tramandata di padre in figlio, che è l’orgoglio del villaggio. Sono venute a conoscerci anche le donne di quella famiglia, così silenziose e completamente coperte di nero.
Dopo quasi venti giorni di corse, appuntamenti e serate per il Cairo insieme ad amici e colleghe.
siamo volati a Sharm El Sheik ed abbiamo finalmente respirato a pieni polmoni; il grande Hany ci ha accompagnato e supportato in percorsi inusuali e straordinari.
Il Sinai è un luogo che ti apre il cuore su un mondo vasto, con quelle luci d’Arabia e Giordania che vedevo la sera al di là del mare. La sera è capitato di ballare in strada con una donna comune che ballava con gioia la danza egiziana; Ash ha girato un breve video che è diventato virale sui social (più di 50.000 visualizzazioni e più di 1000 che hanno espresso gradimento!): due donne così diverse che fanno amicizia in un secondo e che giocano felici insieme, come solo la danza riesce a fare.
Siamo andati a Nweiba a trovare amici e ci siamo persi, letteralmente, in un bellissimo canyon in territorio beduino; la jeep del nostro accompagnatore locale, senza targa, ci portava dentro e dentro il deserto, io ero un po’ impressionata, perché oltre alla lingua che non capivo, non avevo alcun riferimento, solo roccia, caldo, mosche ed una bellezza feroce intorno a me.
Dentro il canyon mi sono sentita estranea, un ambiente al di fuori di ogni mia esperienza precedente, dove soggezione e devozione si mescolano. Ho cercato di mettermi in contatto con quel luogo, ma la mia pelle soffriva sotto tutta quella luce e le mie caviglie camminavano con molta insicurezza, sopra quelle asperità.
Abbiamo poi passato un giorno in barca, visitando dalla costa il Parco di Raz Mohammed e vivendo ore in un mare ed in un paesaggio incredibili.
Con l’occasione ho avuto il battesimo subacqueo, un po’ claustrofobico per me inesperta, ma tuttavia reso unico dai colori, in forma animale e vegetale, che incontravo.
Tornati al Cairo abbiamo ripreso la nostra ormai quotidianità egiziana nella nostra Shobra, il quartiere più popoloso e popolare del Cairo, dove se all’inizio per strada gli abitanti mi guardavano perplessi, poi si sono abituati alla mia presenza e nella strada dove abitavamo avevano cominciato a sorridermi e salutarmi. A Shobra molti si vestono con abiti tradizionali, le donne sono coperte, è pieno di botteghe, bancarelle, mercati, ambulanti, carretti, tok tok, gente in strada che fuma la Shisha "Narghilè".
E’ proprio vero quando dicono “Shobra è l’Egitto”…
Durante uno spostamento giro la testa e vedo un'immagine surreale, per me cresciuta con l'odore di pelletterie ovunque, in quel di Firenze. Sorrido divertita e penso a mio padre e al suo lungo lavoro nel Made in Italy dell'Alta Moda...
Mi sono anche abituata alle continue preghiere delle 3 moschee intorno alla casa di Ash, tanto che non mi svegliavano più nella prima preghiera dell’alba; ho mangiato con loro ciò che mangiavano, il mio intestino è felicemente sopravvissuto alle kofta (polpette), falafel, pizza egiziana (ottimo impasto), pita con humumus (pane egiziano con salsa di ceci), ai succhi freschi di guava e mango, mangiando in strada, da ambulanti che poi mi chiedevano cosa ne pensavo del loro cibo e ogni volta penso una cosa sola: è buonissimo, molto vegetale e molto digeribile! Angele, la madre di Ash che ci aspettava a casa, ci viziava con machi (un involtino di cavolo, carne e riso), molokhia (un passato di verdure particolare) e ci faceva assaggiare la stupenda pasticceria egiziana ora distribuita da famiglie siriane immigrate. Le donne di famiglia, Saly, Fetan, Sahar ci coccolavano con gesti antichi e ci riempivano di thé bollente (col caldo ci vuole, ricordate?) e biscotti fatti in casa con anice e spezie. I giorni scorrono troppo veloci quando vorremmo continuare a contaminarci con altri modi di vivere ed abitare il tempo e lo spazio; ci ritroviamo così in una meravigliosa serata lungo Nilo con le nostre stupende studentesse, in un tramonto caldissimo d’Ottobre. Ci salutiamo, per ora, lasciandoci con tanti racconti e abbracci, e la promessa di danzare ancora.
E arriva l’ultima sera in New Cairo, per una cena con gli amici fratelli di Ash, che sono la nostra famiglia laggiù. Sono serate lunghe, che non dovrebbero finire mai, che esorcizzano la loro paura di non vedersi a lungo, come è successo in ognuna delle loro vite, divise in paesi diversi per esigenze comuni
Iniziando ad andare spesso in un altro paese, il 2022 mi ha dato tanto da imparare. Nei quasi tre lunghi viaggi che ho fatto in Egitto quest’anno, sono venuta in contatto con qualcosa che era già dentro me, ma non riuscivo ancora a viverlo.
Auguro a tutt* di uscire da questa Europa eurocentrica e stanca: uscite, allontanatevi, cambiate prospettiva. Migliore o peggiore, poco importa, comunque è diversa.
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