Sinead O'Connor & Michela Murgia
Si sta tanto parlando della scomparsa di Sinead O'Connor e di Michela Murgia.
E' strano, perché da anni era noto che Sinead viveva ai margini in motel in Irlanda, interamente ignorata dal mondo che a volte vendeva la notizia per farci vedere con immagini e parole impietose come si fosse ridotta questa artista. Non ricordo di aver letto grandi dichiarazioni dai suoi colleghi e dal suo pubblico, spero di sbagliarmi.
La nostra connazionale Michela Murgia è stata spesso al centro di guerre mediatiche, mosse spesso dai partiti stessi (visto con i miei occhi, e non chiedetemi altro); più dei suoi libri, opere o azioni si è parlato dei suoi "coupe de foudre", delle sue azioni irriverenti e provocatorie, che sicuramente erano per lei delle strategie di comunicazione quasi sempre rivolte ad argomenti importanti per tutta la società ("società ", ma che parole desuete uso!). Si parla di un'artista, la Murgia, studiosa, anche se proveniente dal mondo del lavoro, preparata e intuitiva, di un "animale da scena", una persona che si è presa i carichi del proprio ruolo con anacronistica coerenza, conoscendo profondamente la mentalità italiana e le leggi della comunicazione. In un paese in cui gli "scrittori" e gli "intellettuali" parlano di calcio e di serie TV (ove ovviamente hanno curato parte delle sceneggiature), è davvero strano che ora questa scrittrice che mai ha parlato di calcio e di serie TV, sia osannata e celebrata trasversalmente.
Queste due donne, in modi, tempi, campi differenti ma affini, sono state "le streghe" dei nostri giorni. Artiste irriducibilmente legate a un'idea romantica ed epica del ruolo dell'arte e del pensiero.
A fasi alterne, e con i dovuti e comprensibili eccessi (la prospettiva divergente, critica, disubbidiente, che è la migliore garanzia di un artista o di un* intellettuale sincer*), queste due donne sono state oggetto di un continuo e perenne tentativo di oscurantismo, difficilmente realizzato, soprattutto per la Murgia, che si è mantenuta vigile e densissima fino in fondo, trasformando quasi in "Rito" la ciclicità degli arrivi e delle partenze, delle permanenze e delle dipartite, agendo direttamente e in modo solidissimo il suo approccio alla cultura, al quotidiano, agli affetti. Murgia ha contrapposto come antidoto di un presente spersonalizzato, disumanizzato, asettico, digitale, ipercontrollato e centralizzato dall'esterno della persona, la forza di una Comunità coltivata e costruita dall'interno, come libera scelta, consapevole e pacifica.
Oltre all'onestà di vivere con purezza il loro mestiere, ciò che accomuna in parte queste due donne è il desiderio feroce di riscattarsi, riempiendo di senso etico la loro vita e il loro lavoro, incarnando l'idea di libertà e bellezza, come unica trasmissione possibile.
Cambiare il loro destino, che le aveva condannate ad un'infanzia e ad un'adolescenza segnate dalla violenza, che è continuata dalle società involute in cui hanno vissuto. Lasciare il desiderio di un altro mondo possibile, lavorare per il futuro.
Questa credo sia l'urgenza più grande, la trasmissione più grande: decidere di amare, nascendo odiate; decidere di esporsi e non di proteggersi; decidere di morire, consapevoli di non essere state perdonate di esistere, in quanto portatrici di una visione altra, non cooptabile da nessun apparato di potere. Ciò che era imperdonabile da parte delle nostre società ipocrite, era la loro capacità d'impatto, la loro eredità incisiva, inequivocabile, imprevedibile.
Non credo che dopo tutto l'odio, che in un modo o nell'altro le ha uccise, e si parla di un odio gratuito, sproporzionato, costruito ad arte, sia decente farne ora, che non danno più noia a nessuno, delle eroine.
Ciò che è fuori dagli schemi agisce lento, sottopelle, radicandosi; questo succederà alle loro opere e al senso delle loro esistenze.
Ne sono certa.
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