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Immagine del redattoreSimonetta Ottone

LA NOSTRA SCUOLA AL CAIRO

“Radicarsi” non è mai stata una parola facile per me; sarà che ho avuto un’infanzia “itinerante” tra Firenze, Livorno e mille altre città italiane dove mio padre andava per lavoro e dove spesso progettavamo di trasferirsi.

Il lavoro della danza, nomade per natura, è stata la cosa più naturale potessi fare.

La cosa strana è che capita di sentire radici proprio in luoghi diversi da quelli dove siamo cresciuti; al di là di cose che non mi piacciono per niente, la natura, l’arte e soprattutto le persone in Egitto mi fanno sentire “in famiglia”; una famiglia strana, di cui non capisco la lingua, ma in cui mi ritrovo nei gesti.

L’ultima formazione del Metodo Dance to Live® for Dance Therapy tenuta al Cairo tra Settembre e Ottobre è stata un susseguirsi di giornate straordinarie. A inizio lavori abbiamo trovato dieci giovani donne che ci aspettavano per iniziare il programma: curriculum referenziati, professioniste dell’ambito psicocorporeo, artistico e della comunicazione, alcune di loro impegnate in aree di crisi e attive per i diritti umani in un paese non certo facile. Sono entrate nel lavoro con una disponibilità ed una fiducia che mi hanno quasi stordito; ho raccolto sguardi e storie di donne che stanno cercando di sopravvivere alla mancanza di opportunità e di riconoscimento. A volte hanno affidato a me ed al nostro programma tutto il

desiderio di prendere ossigeno e nutrire speranza.

Mi sono commossa più volte e più volte ho sentito la paura di deluderle.

Nei giorni di lavoro abbiamo curato i nostri corpi, per curare noi stesse; ci siamo affidate a tecniche forti, testate, che hanno sopportato tante prove e attraversato più ere: la danza moderna, la danza contemporanea, la bioenergetica, le danze etniche, la meditazione e poi tanta, tantissima Danzaterapia di Maria Fux. Tanti i rimandi teorici, simbolici, poetici.

Alla fine dei giorni di lavoro abbiamo aperto le porte e tante persone sono venute a danzare con noi: persone diverse tra loro, differenti per religione, cultura, spesso anche nazionalità, come succede in Egitto. Abbiamo danzato mescolandoci, come bambine e bambini, i loro volti erano raggianti e sorpresi, sembrava la fine di una guerra… una donna coperta alla fine è venuta da me, mi ha abbracciato a lungo, piangeva e mi ringraziava. Mi ha detto un pò in arabo, un pò in inglese che lei sa quando le persone hanno Dio dentro di loro e che abbiamo danzato per ringraziarlo; tra le lacrime mi ha chiesto di andare a far danzare dei bambini diversabili in una Scuola Montessori al Cairo, suo figlio è lì. Le ho promesso che appena torno, andrò.

Ora dopo ora è nato un gruppo bello, forte, vario, necessariamente improntato all’empowerment femminile: tuttora è impegnato a seguire la parte on line del programma, la distanza di 4000 chilometri sembra non fermarle.

Prossimamente torneremo da loro, continueremo il percorso e cercheremo di accompagnarle nelle prove d’esami e nelle battaglie interne ed esterne cui sono sottoposte, anche solo per il fatto di danzare.

Dovremo anche rispondere ai tanti inviti ricevuti di portare la DanzaTerapia a persone di ogni luogo e condizione, con la semplicità che mi ha insegnato Maria.

Ci proveremo, con immensa gioia ed immensa gratitudine.

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