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Immagine del redattoreSimonetta Ottone

Disancorati

Aggiornamento: 23 nov 2020

di Simona Volpi • Leggere un libro: “Disancorati” di S. Ottone, ed avere un vuoto dentro appena esso termina... avere bisogno, dopo la lettura dell'ultima pagina, di sapere cosa accadrà a quei ragazzi, a quel gruppo.

Avere anche una certezza: loro hanno conosciuto la danza, quell'arte che oltre ai corpi fa danzare le diverse anime e le diverse storie di ognuno di loro, di ognuno di noi, e che ha la capacità di rendere tutti uguali, abili e disabili, virtuosi e peccatori, ricchi e poveri.

L'autrice ha sicuramente raggiunto l'obiettivo di trasmettere il suo sapere nella materia e lo ha fatto con una abilità che va oltre il tecnicismo e coinvolge anche i lettori meno esperti.

Ne parlo con lei:

- Simonetta, come nasce questo libro? E come mai scegliere la scrittura per raccontare una storia di Arte, Limite e Amore?

“Il piacere di leggere mi è stato trasmesso (e affettuosamente imposto) in famiglia.

I miei tenevano, e tengono, una nutrita libreria di centinaia e centinaia di libri, per lo più classici, che dovevo chiedere in prestito ogni volta a mio padre (tuttora ne è gelosissimo, non per il valore delle edizioni, spesso ancora con il prezzo di poche lire, ma per l'opera stessa). Mi mise presto in mano Hemingway, Mark Twain, Jack London, Steinbeck, Faulkner, Dino Buzzati, Primo Levi, Moravia, Elsa Morante… mia madre Oriana Fallaci, De Maupassand, Dostoevskj, quindi i russi e i francesi.

Io poi ho continuato, lasciando che i libri mi “rimettessero in ordine” e mi rifocillassero dalle fatiche della vita che ti chiede la danza.

Iniziai a scrivere Disancorati dopo un lungo periodo a contatto con persone particolari, in Comunità, Centri Diurni, SERT, Case famiglia, dove tengo spesso laboratori di DanzaTerapia.

Il testo approdò nel 2011 ad uno spettacolo, un assolo di TeatroDanza che fu presentato in vari luoghi e teatri e da cui fu tratto un cortometraggio (a cura di Marco Sisi), finalista al Festival del Cinema Patologico (Roma, 2012).

I personaggi presero ancora più corpo, finché non si riunirono in questo romanzo. Lo scrissi nel 2012; fu pronto nel 2013 ma non trovai subito editori interessati a pubblicarlo.

Altre storie, progetti, spettacoli presero il soparavvento. Nel 2017, dopo molteplici revisioni (grazie a Barbara Idda e Valerio Nardoni), Eizioni Creativa che già aveva pubblicato il mio saggio Danzare il simbolo, ha deciso di pubblicarlo e dare a questa storia un’opportunità.

In entrambi i libri il tema è lo stesso, ma il romanzo permette ad un’esperienza di essere fruita da persone non per forza educate alla materia o addette ai lavori. Il romanzo riesce a raccogliere tutto, ha potenzialità enormi, se di qualità, ovviamente; in questo senso sono un’esordiente, e mi pongo con estrema umiltà di fronte a tutto questo.”


- Da cosa sei partita per scriverlo? Quali caratteristiche sono evidenziate?


Il Teatro è senz'altro un filo che "lega il sangue" di Disancorati.

Vi si parla di Antonin Artaud, di Carmelo Bene, e di quella teatralità che si ha quando si abitano i margini.

Ma anche la pittura, la scultura, la danza, come possibilità di riorganizzarci, di riconoscere un ordine ideale ed estetico nei nostri gesti, concreti e simbolici. Penso alla potenza espressiva e “disobbediente” delle pioniere della Danza Moderna, dell’ Arte del Movimento libero sviluppatasi nel novecento, come reazione ad un secolo pieno di grandi sconvolgimenti.

Protagoniste della storia sono due donne: Erica e Lisa. Insieme, cercheranno di investire sul presente, trattenendo la Storia, individuale e collettiva, ritrovare il punto da cui siamo partiti in origine, e far sì che la bellezza sia il nostro approdo, una bellezza radicata nel corpo, nella verità.

In fondo si danza per questo, per “ricordarsi di Sé”, come parte di un tutto.


- In che modo si parla di limite, di droga e follia?

In questa storia contemporanea d’altri tempi, la vera protagonista è quell'osmosi tra donne e uomini che cercano un buon motivo per mettere in atto un cambiamento, radicale e condiviso dalla propria comunità.Quindi al centro di tutto c’è la Relazione, i legami che solo la sua qualità può instaurare, liberando energie.

Il linguaggio di Disancorato poggia su un lirismo di fondo, ma diventa spesso scurrile, con incursioni linguistiche dialettali; i fatti raccontati sono talvolta crudi, frutto della mia immaginazione, ma fortemente aderenti alla realtà.

Non amo la crudezza per forza, può dare noia.

Mi dispiace, ma la vita lo è.


Prossimi appuntamenti?

Disancorati ha debuttato a Novembre all’interno del PISA BOOK FESTIVAL 2017, poi ha iniziato i suoi giri: dopo Pisa, siamo partiti dal sud, da Napoli, poi Firenze, e saremo a Livorno il 14 Dicembre.


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